Assistenza e Cura delle Lesioni da Pressione-Ulcere da Decubito

Una Lesione da Pressione-Ulcera da Decubitoè la conseguenza diretta di una elevata e prolungata compressione, o di forze di taglio (o di stiramento), causanti uno stress meccanico ai tessuti con la conseguente strozzatura dei vasi sanguigni. La persistente pressione, superando i 32 mmHg, provoca un’ostruzione del circolo ematico locale (ipoperfusione) con secondaria ipossiemia dei tessuti fino a degenerare in necrosi. Tali lesioni spesso sono conseguenza dovute di un inadeguata assistenza in ambito domiciliare, per mancanza di conoscenze da parte dei care-giver, e non applicare immediate tecniche di prevenzione ed impiegre moderni ausili anti-decubito (sovra-materasso o materasso ad aria) può provocare importante perdita di tessuto fino ad irreversibili danni biologici.

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I Fattori di rischio Intrinseci per Lesioni da Pressione sono:

  • alterato controllo vasomotorio (rallentamento del circolo ematico, alterazione del tessuto connettivo);
  • riduzione della sensibilità cutanea;
  • atrofia della massa muscolare (che porta all’esposizione di prominenze ossee come la regione sacrale, i trocanteri, le tuberosità ischiatiche, ecc.);
  • immobilità e sindrome d’allettamento;
  • malnutrizione e disidratazione;
  • cachessia (in pazienti con patologie cronico-degenerative o neoplastiche);
  • scadenti o compromesse condizioni generali;
  • infezioni localizzate o sistemiche (all’aumentare di 1°C della temperatura corporea corrisponde un incremento del 10% delle richieste metaboliche, a parità di condizioni generali l’ulcera da decubito compare con una frequenza statisticamente maggiore nei pazienti anziani la cui patologia in corso comporta stati febbrili);
  • disturbi psichici e disturbi della personalità.

I Fattori di rischio Estrinseci per Lesioni da Pressione sono:

  • allettamento protratto e inadeguata mobilizzazione del paziente;
  • compressione prolungata (forze verticali);
  • sfregamento della cute (inadeguate tecniche di mobilizzazione del paziente, alla cui pelle vengono applicate forze orizzontali che tendono a disepitelizzare ed escoriare le zone frizionate);
  • superficie di appoggio inadeguata (materasso, seduta e schienale);
  • scarse condizioni igieniche (incontinenza e conseguente macerazione).

I Fattori di rischio Estrinseci Locali per Lesioni da Pressione sono:

  • aumento della temperatura locale con diaforesi (per utilizzo improprio di presidi per l’incontinenza come pannoloni e traverse monouso);
  • scarsa areazione della cute soprattutto in regione sacrale e perineale, dei trocanteri, e delle tuberosità ischiatiche (pannoloni e traverse monouso non sono traspiranti e possono favorire la comparsa di dermatiti, eczemi, processi infettivi della cute e lesioni da pressione-ulcere da decubito);
  • eccessiva umidità fino a macerazione;
  • presenza di corpi estranei interposti (catetere vescicale e sacchetto di raccolta urine, drenaggi, lenzuola arricciate, ecc.);
  • forze di taglio e di sfregamento (un paziente mal posizionato tende a scivolare nel letto o sulla sedia, la sua cute è così trazionata dallo frizione applicata dagli elementi sovrapposti abiti-lenzuola-superficie di appoggio)

Tali lesioni da pressione possono essere così approfondite ed estese da comportare l’insorgere di serie complicane quali: emorragia e anemia, disidratazione e squilibri idroelettrolitici, deplezione proteica e albuminemia, osteomielite, sepsi se lesione al III o al IV stadio con ulcera occlusa, carcinoma squamo cellulare di Marjolin, astenia e prolungata degenza fino a sindrome d’allettamento.

La Prevenzione Generale è il primo baluardo per evitare il manifestarsi di importanti ulcere da pressione talvolta inguaribili, e si concretizza in comportamenti clinici quali: identificare i pazienti a rischio attraverso l’uso di strumenti di analisi (Scala di Bathel, Scala di Waterlow), pianificare cambi posturali temporizzati per i pazienti ipomobili, gestione della terapia farmacologica (sedazione), fornire un corretto apporto nutrizionale, garantire l’igiene prevenendo la macerazione da incontinenza, attuare celermente programmi di riabilitazione, dare educazione sanitaria ai care-giver.

La Prevenzione Locale è altresì il successivo irrinunciabile approccio, che interessa direttamente il sito anatomico a rischio, traducendosi in: monitoraggio dell’integrità integrità cutanea (scheda vulnologica di Push Tool), protezione e cura di cute (asciutta, pulita e idratata) ed annessi cutanei, decompressione delle zone ad alto rischio e delle prominenze ossee accentuate (offloading: variando il decubito ogni 40-60 minuti, e posturizzando il paziente in maniera personalizzata secondo la sua anatomia, impiegando cuscini e cunei di stazionamento), minimizzare le forze di pressione e di taglio (ausili anti-decubito ad aria, teli di mobilizzazione ad alto scorrimenti), assicurare un micro-clima igienicamente adeguato (frequenti cambi di lenzuola e di ausili per l’incontinenza).

Per la Terapia delle Ulcere da Pressione, i nostri professionisti Infermieri Specialisti in Vulnologia adoperano soluzioni avanzate di ultima generazione per l’irrigazione, la pulizia e la decontaminazione della lesione (abbattimento della carica batterica locale), ci riferiamo a: soluzione detergente con poliesanide (PHMB) e betaina, e soluzione acida ossidante (AOS) con acido ipocloroso (HCIO). Tali soluzioni si usano per detergere ed umettare ferite acute e croniche, ferite post-chirurgiche, ferite d’arma da taglio, ferite lacero contuse e abrasioni, nonché ustioni di I e II grado, ecc. Esse penetrano il biofilm disgregandolo ed impedendone la riformazione, sciolgono accumuli di fibrina e distaccano residui di medicazioni, il tutto salvaguardando i tessuti sani. Sono ideali per la preparazione del letto di ferita e non interferiscono con le cellule di granulazione e l’epitelizzazione. Vantano una tollerabilità elevata per cellule e tessuti, e la loro applicazione è indolore: per questi motivi vengono fortemente raccomandate per trattamenti a lungo termine.

L’impiego di Medicazioni Avanzate come ad esempio quelle a rilascio di nanocristalli/ioni di argento o contenenti cadexomero iodico, permette una migliore gestione dell’essudato della lesione: i classici prodotti di medicazione (ad esempio lo iodopovidone) non riescono a rimanere attivi più di alcune ore, mentre le moderne medicazioni avanzate assorbono l’essudato rilasciando contemporaneamente per diversi giorni il principio antisettico, con conseguenti:

  • controllo della carica batterica;
  • preparazione del letto della lesione tramite sbrigliamento di tessuto devitalizzato (fibrina, slough, necrosi).

Inoltre permettono di ridurre notevolmente la frequenza di cambio medicazione, evento stressante per i tessuti in riparazione. L’impiego di tali medicazioni avanzate, inoltre, non risulta creare resistenze locali, all’opposto non vi è evidenza scientifica che la somministrazione di antibiotici per uso topico (dento-sulla lesione cutanea) sia efficace, ma anzi è già stato dimostrato che genera resistenze locali.

Una lesione da pressione istologicamente ha sempre la tendenza a cronicizzare piuttosto che guarire spontaneamente. Il trattamento si basa principalmente sul debridement (sbrigliamento) della lesione, ovvero la rimozione di tessuto devitalizzato e necrotico ogni qualvolta presente in quanto terreno ideale per la colonizzazione batterica (l’eccezione a questa regola è rappresentata dalle lesioni al tallone quando a carattere d’escara secca, che non vanno rimosse a patto che sotto non celino raccolte purulente). Ecco quali tipi di debridement possono essere impiegati per rimuovere il tessuto necrotico:

  • autolitico: tramite l’applicazione di medicazioni umide (idrogeli) per promuovere l’autolisi di enzimi prodotti dall’organismo, è un processo lento e decisamente più efficace nei pazienti con sistema immunitario non compromesso;
  • chimico o enzimatico: tramite l’impiego di particolari enzimi (collagenasi) che digeriscono il tessuto devitalizzato;
  • ipertonico: tramite l’utilizzo di garze imbibite di cristalli di sale al 20% o di ipoclorito di sodio;
  • meccanico: comporta l’applicazione di garza a maglie larghe inumidita, che essiccandosi progressivamente tende a far sì che il tessuto devitalizzato si imbrigli nelle sue maglie, e venga poi strappato via alla rimozione della medicazione stessa; risulta molto efficace nello sbrigliamento ma causa importante dolore alla rimozione con frequenti sanguinamenti;
  • biologico: si basa sull’apposizione di larve ad uso medico ne letto di lesione che si nutrono del tessuto necrotico, e quindi ripuliscono e contemporaneamente hanno azione battericida (questo tipo di trattamento era stato ampiamente utilizzato nel passato per poi cadere in disuso, tuttavia nel gennaio 2004 la Food and Drug Administration (FDA, l’Agenzia per gli Alimenti e i Medicinali statunitense, ha approvato l’utilizzo di larve come dispositivo medico; attualmente in Italia tale metodica non è approvata dal Sistema Sanitario Nazionale);
  • a ultrasuoni: (vai alla pagina Curettage Atraumatico tramite Applicazione di Ultrasuoni);
  • chirurgico (curettage): tramite l’impiego di taglienti come bisturi, forbici cucchiaio da curette, permette al chirurgo di eliminare rapidamente il tessuto devitalizzato (è una metodica veloce, ma non selettiva che rischia di ledere tessuti sani con conseguente sanguinamento, può comportare dolore per il paziente).
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