Assistenza e Cura delle Lesioni al Piede Diabetico
Il Diabete Mellito è una delle patologie a maggior impatto socio-sanitario.
Il 5% della popolazione italiana ne è affetta, con una predominanza della forma non-insulino dipendente (96-97%). L’aumentata prevalenza nel mondo del diabete di tipo 2 non-insulino dipendente è soprattutto legata all’aumento della qualità dello stile di vita occidentale. È noto che i pazienti diabetici hanno un rischio aumentato di cardiopatia ischemica, cecità, insufficienza renale, e amputazioni degli arti inferiori. Uno studio effettuato su 110.637 diabetici di tipo 2 evidenzia che dopo 10 anni di malattia l’incidenza delle complicanze raddoppia.
I Fattori di Rischio Generali sono:
- sesso femminile;
- malattia da più di 10 anni;
- inadeguato controllo glicemico;
- complicanze cardiovascolari;
- complicanze renali.
I Fattori di Rischio del Piede Diabetico sono:
- aree plantari di ipercheratosi;
- patologie ungueali e micosi;
- pressioni plantari elevate;
- limitazione del movimento articolare;
- deformità ossee;
- pregresse ulcerazioni ed amputazioni.
La percentuale di pazienti diabetici che presentano una patologia del piede, al momento della diagnosi, è di circa il 18.4% ed essa è quasi raddoppiata negli ultimi 10 anni. Il 12-15% di soggetti diabetici sviluppa lesioni ulcerative degli arti inferiori, il 40% ha una genesi ischemica pura, il 35% neuroischemica, il 13% neuropatica , mentre il 9% è dovuta a infezione locale. Circa il 50% delle amputazioni interessano pazienti diabetici.
PIEDE DIABETICO ISCHEMICO
Ha caratteristiche istologiche sostanzialmente molto somiglianti all’arteriopatia ostruttiva all’arteriopatia della popolazione non diabetica. Sono invece diverse le caratteristiche cliniche: nei diabetici l’arteriopatia è precoce e rapidamente progressiva, e le donne non sono risparmiate già in età fertile, spesso colpisce entrambi gli arti inferiori con interessamento dei vasi sottopoplitei. Quest’ultima è la caratteristica più importante: l’arteriopatia diabetica colpisce soprattutto le arterie di piccolo calibro, ciò rende particolarmente difficile attuare un intervento terapeutico sia di tipo medico che chirurgico. Infatti i tentativi di rivascolarizzazione distale sotto il ginocchio, al momento, sono quelli gravati da un maggior rischio di insuccesso.
L’insulto ischemico viene aggravato da modificazioni emoreologiche ed emocoagulative indotte dalla patologia diabetica:
- aumento della viscosità ematica;
- aumento dell’aggregazione eritrocitaria;
- aumento del fibrinogeno;
- ridotta deformabilità delle emazie.
Anche le attività endotelio-dipendenti risultano modificate con conseguenti anomalie della regolazione del tono vasale, della funzione piastrinica e dei meccanismi emocoagulativi, si assiste perciò a:
- aumento del trombossano;
- aumento del fattore di Von Willebrand;
- diminuzione dell’ossido nitrico;
- diminuzione delle prostacicline.
Nel paziente diabetico le arterie sono molto spesso calcifiche, prevale l’occlusione del vaso rispetto alla stenosi parziale del lume vasale, inoltre sono interessati più segmenti della stessa arteria (stenosi/occlusioni multiple).
L’iperglicemia provoca danno endoteliale con esposizione di collagene sottoendoteliale, contemporaneamente l’iperinsulinemia conseguente e l’insulinoresistenza determinano la stimolazione e la proliferazione delle cellule muscolari contribuendo alla formazione della placca ateromasica calcifica.
Una caratteristica tipica del paziente diabetico è spesso la mancanza del sintomo più precoce dell’arteriopatia periferica: la claudicatio intermittens (questo dolore dipende dal fatto che nell’arto inferiore si instaura soffenza causata dal ridotto apporto di sangue, cioè ipossia tessutale). L’assenza di claudicatio nel diabetico è determinata dalla concomitante presenza di neuropatia sensitiva: instaurandosi una riduzione nella percezione del dolore e della sua intensità il paziente non avvertirà alcun disagio. Di fatto, in molti pazienti diabetici, la diagnosi di arteriopatia avviene con estremo ritardo rispetto alla sua insorgenza, purtroppo nel momento in cui sono già manifeste alterazioni dei tessuti dovute all’ipossia distrettuale. A livello internazionale i criteri diagnostici di ischemia critica cronica sono stati più volte rielaborati, in relazione a nuove conoscenze e recenti studi.
La Clinica del Piede Diabetico Ischemico può essere rappresentare da una lesione quale primo segno della malattia, in special modo quando è presente anche la neuropatia diabetica.
La diagnosi di ischemia critica cronica è posta quando sono presenti tali condizioni clinico-diagnostiche:
- soggetto con ulcera o gangrena o dolore a riposo
- pressione alla caviglia minore di 50-70 mmHg
- pressione all’alluce minore di 30-50 mmHg
- ossimetria transcutanea minore di 30-50 mmHg
Le lesioni cutanee possono presentarsi come:
- flittene, determinate da fattori estranei alla patologia diabetica (traumi, abrasioni da calzature);
- ulcere (talloni, dita, spazi interdigitali), con bordi ben delineati, a stampo, circondate da cute sottile e atrofica;
- gangrena secca o umida;
- sindrome del dito blu.
PIEDE DIABETICO NEUROPATICO
Ha le caratteristiche di un piede in cui la neuropatia diabetica ha modificato l’equilibrio muscolare, la percezione degli stimoli, e l’autoregolazione vegetativa, rispettivamente la neuropatia diabetica colpisce sia i nervi sensitivi (neuropatia sensitiva) sia i nervi motori (neuropatia motoria) sia i nervi vegetativi (neuropatia autonomica).
La Neuropatia Sensitiva colpisce le fibre nervose che inviano le sensazioni al sistema nervo centrale, la conseguenza più grave è la diminuzione della soglia del dolore che può assumere diversi livelli di gravità: fin da piedi poco sensibili fino a piedi che possono sopportare anche un intervento chirurgico senza anestesia. Tale mancanza di stimoli dolorifici non allerta il paziente quando qualcosa sta danneggiando l’arto: ad esempio non viene percepito il dolore che solitamente ci avverte se una scarpa è troppo stretta, o se siamo vicini ad una fonte di calore.
La neuropatia sensitiva è quindi una patologia che permette ad una azione traumatica di perdurare nel tempo, tanto da determinare una lesione tessutale senza che si percepisca alcun segnale di allerta.
La Neuropatia Motoria colpisce le fibre nervose che innervano i muscoli del piede, nel paziente diabetico crea uno squilibrio tra muscoli estensori e flessori e un conseguente sbilanciamento tra le varie articolazioni, determinando griffe delle dita (dita ad artiglio), accentuarsi patologico del cavismo del piede, prominenza delle teste metatarsali, ecc. tali deformità possono coesistere nello stesso piede e, in altrettanti casi, aggravare deformità già presenti (vedi alluce valgo). Tutto ciò porta ad un’alterazione della performance dell’appoggio plantare-VS-suolo, con una conseguente alterazione anatomica della soletta di Lejars (pianta del piede): essa si troverà ad essere sollecitata fisiopatologicamente da un ipercarico pressorio in alcune aree, e da un carico minore in altre.
Il piede, nel tentativo di difendersi, determinerà in queste aree di ipercarico un ispessimento dello stato corneo (ipercheratosi) che però risulterà essere una blanda difesa, di fatto se non si provvederà a ridurre l’iperpressione in quel determinato punto si potrà andare incontro alla formazione di un ematoma da schiacciamento che inevitabilmente, col perpetrarsi del sovraccarico, genererà una lesione ulcerativa.
La Neuropatia Autonomica (e la sua influenza) è molto meno conosciuta e meno rilevante rispetto al devastante impatto della neuropatia sensitiva e motoria. La sua conseguenza diretta è la secchezza (anidrosi) del piede, dovuta al cattivo funzionamento delle fibre nervose che regolano l’attività delle ghiandole secretorie della cute. Tale secchezza può provocare fissurazioni (ragadi) della cute soprattutto al tallone, che rappresentano una facile via d’accesso per i batteri, anche a causa del diverso pH che si instaura sulla base dell’anidrosi. L’edema della gamba e del piede sono altri aspetti imputabili alla neuropatia autonomia, e sembrerebbero legati ad una alterazione nella regolazione del microcircolo. La neuropatia autonomica comporta una perdita del tono simpatico con relativo alterato aumento del flusso ematico a livello del microcircolo della cute: si manifesta clinicamente con un aumento della temperatura e della permeabilità capillare a causa dell’aumento della pressione idrostatica nel microcircolo stesso. Infine, la neuropatia autonomica sarebbe la causa delle calcificazioni della parete arteriosa nella tunica media (Malattia di Monckeberg): questo aspetto è da tenere particolarmente presente quando si misura con l’eco-color-doppler l’indice di Winsor (indice caviglia-braccio, in inglese ABI ankle-brachial index) in quanto potrebbe risultare alterato per la difficoltà di comprimere l’arteria tibiale posteriore.
La Clinica del Piede Diabetico Neuropatico è caratterizzata da primari segni clinici come ipo-iperestesie, alterazioni della sensibilità, assenza del riflesso Achilleo, fino all’ulcera neuropatica (perforante il plantare) che tende a localizzarsi nelle zone di ipercarico (iperpressione) in corrispondenza del calcagno e delle teste metatarsali, presenta margini irregolari ed è circondata da cute ipercheratosa. Tale lesione può apparire meno profonda di quanto essa riveli inizialmente, a tal motivo si rende necessaria la specillazione della stessa (indagine diagnostica eseguita con uno specillo chirurgico). Il piede si presenta di solito rossastro e con temperatura aumentata, talvolta deforme.
L’Osteoartropatia, cioè l’espressione dell’alterazione dei meccanismi di omeostasi che regolano l’appoggio plantare, è caratterizzata da osteoporosi, erosioni e micro-fratture. Il crollo dell’arco plantare provoca il cosiddetto piede con “suola a dondolo”: il riassorbimento osseo dell’estremità distale del tarso, delle teste metatarsi e delle falangi, determina così un apparente accorciamento del piede. I polsi periferici sono presenti ma il dolore è assente.
PIEDE DIABETICO INFETTO
Comporta un quadro clinico complesso, in quanto per le lesioni cutanee l’infezione rappresenta la principale causa d’insuccesso. Una soluzione di continuo della cute rappresenta una facile porta d’ingresso per i microrganismi, e l’episodio infettivo è spesso sostenuto da più specie batteriche, quelle maggiormente rappresentate sono: stafilococco aureo, pseudomonas aeruginosa, enterococchi e proteus mirabilis. L’infezione determina un’iperemia reattiva atta a veicolare, nel sito della lesione, cellule immunocompetenti ad azione fagocitante e battericida, ma nel paziente diabetico tale meccanismo di difesa è deficitario per la concomitante vasculopatia che riduce l’afflusso di sangue e di ossigeno. In un tale quadro le endotossine batteriche non vengono allontanate, determinando necrosi cellulare e trombosi vasale, con conseguente ipoafflusso tessutale. La necrosi cellulare provoca liberazione di enzimi lisosomiali, vasodilatazione, aumento della permeabilità vasale ed edema infiammatorio, con conseguente compressione meccanica del micro-circolo con un’ulteriore riduzione dell’afflusso ematico (circolo vizioso). Un’ulcera infetta può provocare fenomeni sistemici che possono mettere a repentaglio non solo il salvataggio d’arto, ma la vita stessa del paziente.
L’infezione può presentarsi sotto diversi aspetti fisiopatologici in relazione ai piani anatomici interessati:
- cellulite superficiale: interessa il derma, vi è modesta secrezione e limitato eritema perilesionale;
- cellulite suppurativa: interessa cute e sottocute, la fascia muscolare rimane indenne, vi è abbondante secrezione purulenta e vasto eritema perilesionale;
- fascite necrotizzante: è una necrosi che si estende alla fascia muscolare, vi è necrosi e colliquazione tessutale;
- cellulite necrotizzante: è una necrosi che si estende al muscolo ed a tendini con possibile interessamento delle strutture ossee (osteomielite);
- gangrena.
Il primo step consiste nel distinguere se un’ulcera infetta necessita di provvedimenti rapidi che vanno oltre la semplice medicazione. Le infezioni da anaerobi (gangrena gassosa), le infezioni compartimentali (ascesso) o da germi misti (cellulite) richiedono provvedimenti terapeutici generali e chirurgici, che vanno intrapresi con urgenza per evitare gravi conseguenze (l’infezione è la prima causa di amputazioni di gamba o coscia).
PIEDE DIABETICO INFETTO ACUTO
Per i pazienti anziani non comporta solamente rischio di amputazione maggiore (gamba o coscia), ma può portare a morte per shock settico o altre complicanze infettive. La rapidità d’intervento è la condizione irrinunciabile per cercare di salvare sia il piede che il paziente stesso, rimuovendo quanto di infetto è presente: il trattamento chirurgico consente di drenare materiale purulento e di valutare quanto profonda ed estesa è l’infezione a danno dei tessuti coinvolti (tendini, muscoli, ossa). Da un punto di vista puramente clinico, i quadri clinici che vanno sotto il nome di “piede diabetico acuto” che necessitano di un intervento chirurgico urgente sono:
- ascesso e flemmone;
- fascite necrotizzante;
- gangrena umida o gassosa;
(sarà indispensabile associare sempre idonea terapia antibiotica per via sistemica, utile il trattamento con ossigeno terapia in camera iperbarica).
PIEDE DIABETICO INFETTO CRONICO
Caratterizzato da un infezione cronica che può riguardare solo i tessuti molli (cellulite) oppure estendersi fino all’osso (osteomielite). Sono casi in cui non è necessario un trattamento in urgenza ma di un trattamento medico, talvolta associato ad un atto chirurgico che si rivela non sempre demolitivo. Non è infrequente che lesioni ulcerative del piede diabetico, nonostante terapie e medicazioni protratte per lungo tempo, non giungano mai a guarigione (l’osteomielite ne è spesso causa non consentendo la guarigione dell’ulcera sovrastante). In queste situazioni, oltre alla terapia antibiotica a lungo termine, l’atto chirurgico costituisce la soluzione definitiva al problema.
PIEDE DIABETICO INFETTO E ISCHEMICO
Presenta tessuti infetti che, avendo un metabolismo elevato, richiedono una maggiore quantità di ossigeno. Esiste una correlazione tra gravità dell’infezione ed arteriopatia, ed il quadro clinico si aggrava quando vi è tale comorbilità. Nei pazienti con ischemia severa (indice di Winsor inferiore a 0.5) si ricorre all’amputazione molto più frequentemente rispetto ai pazienti che non presentano quadri ischemici gravi, ciò perché l’infezione si presenta spesso con quadri clinici molto severi non risolvibili in altro modo. Per la valutazione prognostica del rapporto infezione-VS-ischemia si utilizza la classificazione secondo la Scala della Texas University.
La Diagnosi precoce è fondamentale e per il paziente diabetico si realizza sottoponendolo a periodici controlli vascolari e neuropatici, indipendentemente dalla presenza o meno di lesione cutanea al piede.
Per lo Screening Vascolare si eseguono Esami di 1° livello:
- indagine anamnestica approfondita atta a valutare la comparsa di claudicatio intermittens;
- presenza di ischemia del piede con alterazioni del trofismo e dell’aspetto cutaneo e dei tegumenti, fissurizzazioni, ulcerazioni;
- valutazione dei polsi periferici;
- misurazione dell’indice di Winsor-ABI (con indice caviglia-braccio maggiore di 0.9 nel paziente diabetico non si può escludere un’arteriopatia a causa della sclerosi calcifica della tonaca media del vaso-sclerosi di Monckeberg);
- eco-color-doppler CW (l’analisi dell’onda sfigmica fornice informazioni sulla presenza di stenosi e/o di occlusioni, sulla presenza di sclerosi e calcificazioni della parete del vaso, sulla modificazione dell’onda di reflusso diastolico; tale esame è da eseguirsi una volta all’anno per pazienti con anamnesi positiva di claudicatio e per tutti i pazienti diabetici).
Gli Esami di 2° livello sono indicati per tutti i pazienti con indice di Winsor-ABI inferiore a 0.7 o con eco-color-doppler CW indicativo di patologia vascolare:
- eco-color-doppler (fornisce informazioni morfologiche della parete vasale come ispessimento, stenosi emodinamicamente significative e non, occlusioni, nonché informazioni funzionali basate sulle caratteristiche dell’onda flussimetrica);
- treadmill test (test da sforzo, indicato nei pazienti sottoposti a protocolli clinici, a riabilitazione angiologia, e nei casi ove non c’è una diagnosi certa).
Gli Esami di 3° livello sono:
- determinazione della tcPO2 (l’ossimetria transcutanea è indicata quando vi sono indice di Winsor-ABI inferiore a 0.5, dolore a riposo, lesioni cutanee o gangrena);
- angiografia (quando presenti indicazioni ad un intervento di rivascolarizzazione, o quando un iter diagnostico non-invasivo non si è rivelato chiarificatore);
- radiografia, angio-RMN, TAC spirale.
Per lo Screening Neuropatico gli esami strumentali sono:
- test del monofilamento di Semmes-Weinstein (sensibilità pressoria);
- test del neurotensiometro (sensibilità vibratoria);
- test del diapason (sensibilità vibratoria);
- valutazione del riflesso achilleo.
Di grande significato clinico è l’Esame Podometrico, ovvero la fotografia dell’appoggio plantare: si effettua tramite un una pedana baropodometrica che fornisce una valutazione anatomica e funzionale del piede a contatto con il terreno, in posizione di stazione eretta e durante la camminata (biomeccanica dell’arto), evidenziando variazioni patologiche della distribuzione delle pressioni. Deve essere effettuato quando la clinica evidenzia un piede a rischio di lesioni cutanee, per istituire successivamente una terapia ortesica atta a prevenire e trattare le lesioni del piede diabetico già dalle fasi iniziali.
La Terapia Ortesica nella Prevenzione Primaria comporta l’uso di plantari e scarpe protettive per tutti quei pazienti che presentano perdita della sensibilità, zone di ipercheratosi, deformità del piede (dita ad artiglio). Il rischio di sviluppare lesioni cutanee per trauma meccanico da sfregamento o ematomi nelle zone di iper-carico pressorio, va preventivato impiegando scarpe termodeformabili o auto-modellanti con plantare personalizzato.
La Terapia Ortesica nella Prevenzione Secondaria prevede per tutti i pazienti con storia di pregresse ulcere o amputazioni minori, l’impiego di calzature curative realizzate su misura con suola rigida e ortesi plantare dedicata per ottimizzare lo scarico delle pressioni.
La Terapia dell’Ulcera Ischemica può richiedere l’intervento di rivascolarizzazione dell’arto colpito, con l’obiettivo di:
- migliorare l’afflusso ematico tessutale periferico;
- ridurre il livello d’invalidità funzionale del paziente offrendo la possibilità di effettuare solo amputazioni minori;
- salvataggio dell’arto;
- salvaguardia della vita del paziente.
Presenza di dolore a riposo, ulcera o gangrena, e claudicatio manifesta sotto i 50 metri, sono segni che indirizzano verso l’approccio di rivascolarizzazione di almeno una arteria dell’arto inferiore (by-pass e angioplastica). Attualmente si preferisce valutare la possibilità di eseguire una PTA (percutaneous transluminal angioplasty) delle arterie distali che viene effettuata contemporaneamente all’arteriografia. Questa procedura non richiede anestesia generale, vanta un basso rischio di complicazioni, e può essere facilmente ripetuta nel tempo.
La Terapia Dell’ulcera Neuropatica, che per la sua localizzazione si può anche definire come ulcera plantare, prevede il trattamento della lesione e la rimozione dell’eccessiva pressione di carico (causa scatenate), e si articola su tre aspetti:
- terapia locale della lesione (debridement del tessuto devitalizzato, seguito dall’impiego di medicazioni avanzate bioattive e/o antibatteriche);
- terapia antibiotica (per via sistemica);
- terapia ortesica (scarpa preformata con plantare scavato in corrispondenza della lesione, total contact cast preconfezionati, gambaletto in vetroresina confezionato su misura).